E quel, che quando t'era avanti lj'ocki
Havefti a fchivo, hor, che fi fa lontano Brami, e difii. Deh come è ver, che'l bene Non fi conofce mai, s'e non fi perde. Chi fà, fe moffo da poffente fdegno Si parte, e cerca quefta horribil guerrà, Per andar quafi difperato a morte. O s'ei per cafo alcun vi rimaneffe, Come viver potrò fenza vederlo? E s'io vivrò, come farò mai lieta, Sendo ftata cagion, che a morte corra Il più bel giovinetto, e'l più leggiadro, E'l più gentil, che mai nafceffe al mondo; E che m' ava più, che la fua vita? Deh poni giù Sophia tanti rispetti, Lafcia il timor, che t' occupava il cuore, Cerca, cerca impedir l' afpro viaggio Al tuo Giuftin; fà ch' ei rimanga a 'cafa; Il che lieve ti fia, volendo porre La man fopra la carta, e farli nota La volja tua; perch' ei t' honora tanto, Che non lafcierà voto il tuo defire. E detto questo, cominciò di nuovo Dirotto pianto, e fofpirando forte A fe ftefla rifpofe in tal maniera. Mifera mè, dove ho rivolto il cuore? Che mal penfier ne la mia mente alberga? Che hò da far io, fe alcun trapaffa il mare, E vuol andare in fanguinofe imprefe? Vadavi; e fe morrà tanta belleza, Che devria da la morte effer ficura, Muojafi, e non fi macki il nostro honore Anzi prima la terra mi fummerga, Che mai s'avanti alcun di mie parole, Ne d'ambafciate, o di lafcivia alcuna. Ver' è ch' io priego Iddio, che lo riduca Vivo nel fuo nativo almo paese,
Per non dar noja al Correttor del mondo,
Torquato Tassó.
S. von ihn B. I. S. 344.
er unter den ernsthaften Heldendichtern der Italiåner den erften Rangz und sein befreites Jerusalem hat sowohl von Seiten der Erfindung, als der Anordnung des Plans und dessen Verwebung mit den interessantesten Episoden, poruchnilich aber durch die große Eleganz der Schreibart, und die Anmuth des Versbauzs, entschiedene Vorzüge. Schon in seinem zwei und zwanzigsten Jahre unternahm er die Ausarbeitung dieses Gedichts, und vollendete es im dreissigsten; wiewohl vorher schon einige Gesänge desselben, unter dem Titel Il Goffredo, erschienen waren. Denn Gottfried von Bouillon, und die unter dessen Anführung, zur Befreiung des heiligen Grabes, unternommene und ausgeführte Eroberung Jerufalems macht den Hauptinhalt dieser Epopße aus. Ueberaus glücklich hat er die Charak tere, z. B. die von Gottfried, Aladin, Tankred, Ars gant, Rinaldo, Armide, Erminia, u. a. m. angelegt und ausgemahlt. Gegen einzelne Stellen lassen sich freilich manche Einwürfe machen; auch wohl gegen den ganzen Ges fichtspunkt, in welchen der Dichter seine Handlung gestellt hat, und als Katholik ftellen musste. Die berühmteste von seinen Episøden ist die, auch durch unsers Cronegk's dramatische Bearbeitung bekannte, Geschichte Olint's und Sophronia's; aber auch folgende Beschreibung von Ars mida's Zaubergärten gehört zu den schönßten Theilen dies ses Gedichts.
GIERUSAL. LIB. Canto XVI. St. I
Tondo è il ricco edificio' e nel più chiuse Grembo di lui, ch'è quafi centro al giro, Un giardin v'hà, ch'adorno è fovra l'uso Di quanti più famofi unqua fioriro. D'intorno inoffervabile, e confifo
Ordin di loggie i Demon fabri ordiro: E tra le oblique vie di quel fallace Ravolgimento impenetrabil giace.
Per l'entrata maggior (però che cente L'ampio albergo n'havea) paffar coftoro. Leporte qui d' effigiato argento, Su i cardini ftridean di lucid'oro. Fermar ne le figure il guardo intento: Che vinta la materia è dal lavoro.
Manca il parlar: di vivo altro non chiedi: Ne manca questo ancor, s'à gli occhi credi.
Mirafi qui fra le Meonie ancelle Favoleggiar con la conocchia Alcide. Se l'inferno efpugnò, refte le ftelle; Hor torce il fufo, amor fe'l guarda, e ride, Mirafi lole con la deftra imbelle
Per ifcherno trattar l'armi homicide: E'n doffo hà il cuoio del leon, che sembra Ruvido troppo à sì tenere membra,
D'incontra è un mare; e di canuto flutto Vedi fpumanti i fuoi cerulei campi. Vedi nel mezo un doppio ordine instrutto Di navi, e d'arme: e ufcir de l'arme i lampi, D'oro fiammeggia l'onda: e par che tutto D'incendio Martial Leucate avampi. Quinci Augufto, i Romani, Antonio quindi Trahe l' Oriente, Egitii, Arabi, et Indi,
Svelte notar le Cicladi direfti
Per l'onde, e i monti co' i gran monti urtari:
Torquato L'impeto è tanto, onde quei vanno, e quefti
Co' legni torregianti ad incontrarfi. Già volar faci, e dardi: e già funesti Vedi di nova ftregi i mari fparfi. Ecco (ne punto ancor la pugna inchina) Ecco fuggir la barbara Reina.
E fugge Antonio, e lafciar può la fpeme De l' imperio del mondo, ov'egli afpira. Non fugge nò, non teme il fier, non teme; Ma fegue lei, che fugge, e feco il tira. Vedrefti lui fimile al huom, che freme D'amore à un tempo, e di vergogna, e d'ira, Mirar alternamente hor la crudele
Pugna, ch'è in dubbio, hor le fuggenti vele.
Ne le latebre poi del Nilo occolto, Attender pare in grembo à lei la morte: E nel piacer d'un bel leggiadro volto Sembra, che'l duro fato egli conforte. Di cotai fegni variato, e fcolto Era il metallo de le regie porte.
I duo guerrier, poi che dal vago abietto Rivolfer gli occhi, entrar nel dubbio tetto.
Qual Meandro fra rive oblique, e incerte Scherza con dubbio corfo, hor cala, hor monta: Queste acque à i fonti, e quelle al mar converte: E mentre ei vien, sè, che ritorna affronta; Tali, e più ineftricabili, conferte
Son queste vie; ma il libro in fe le impronta; Il libro, don del Mago; e d'effe in modo Parla, che le rifolve, e Spiega il nodo.
Poi che lafciar gli arviluppati calli, In lieto afpetto il bel giardin s'aperfe; Acque ftagnanti, mobili criftalli, Fior vari, e varie piante, herbe diverse, Apriche collinette, ombrofe valli. Selve, e fpelunche in una vifta offerfe.
E quel, che'l bello, e'l caro accrefce à l'opre, L'arte che tutto fà, nulla fi fcopre.
Stimi (sì mifto il culto è col negletta) Sol naturali e gli ornamenti, e i fiti, Di natura arte par, che per diletto L'imitatrice fua fcherzando imiti:
L' aura, non ch' altro, è de la Maga effetto: L' aura, che rende gli alberi fioriti, Co' fiori eterni, eterno il frutto dura, E mentre fpunta l'un, l'altro matura.
Nel tronco ifteffo. è tra l'ifteffa foglia Savra il nafcente fico invecchia il fico. Pendono à un ramo, un con dorata spoglia, L'altro con verde, il novo, e'l
Luffureggiante ferpe alto, e germoglia
La torta vite, ov'è più l'horto aprico: Qui l'uva hà in fiori acerba, e qui d'or l'have. E di piropo, e già di nettar grave.
Vezzofi augelli infra le verdi fronde Temprano à prova lafcivette note. Mormora l'aura, e fà le foglie, e l'onde Garrir, che variamente ella percote. Quando taccion gli augelli, alto risponde: Quando cantan gli augei, più lieve fcote:
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