Manda a Tortosa Dio l'Angelo, u' poi Goffredo aduna i principi cristiani. Quivi concordi que' famosi eroi Lui duce fan degli altri capitani. Quinci egli pria vuol rivedere i suoi Sotto l'insegne, e poi gl' invia ne' piani Ch' a Sion vanno. Intanto di Giudea Il re si turba alla novella rea.
Canto l'armi pietose, e 'l Capitano, Che 'l gran Sepolcro liberò di Cristo. Molto egli oprò col senno e colla mano; Molto soffri nel glorioso acquisto :
E in van l'Inferno a lui s' oppose, e in vano S' armò d'Asia e di Libia il popol misto; Che 'l Ciel gli diè favore, e sotto ai santi Segni ridusse i suoi compagni erranti.
2. O musa, tu, che di caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona, Ma su nel cielo infra i beati chori Ai di stelle immortali aurea corona; Tu spira al petto mio celesti ardori, Tu rischiara il mio canto, e tu perdona S'intesso fregi al ver, s' adorno in parte D'altri diletti, che de' tuoi, le carte.
3. Sai, che là corre il mondo, ove più versi Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso; E che 'l vero condito in molli versi, I più schivi, allettando, à persuaso. Così all' egro fanciul porgiamo aspersi Di soave licor gli orli del vaso: Succhi amari, ingannato, intanto ei beve; E dall' inganno suo vita riceve.
4. Tu, magnanimo Alfonso, il qual ritogli, Al furor di fortuna, e guidi in porto Me peregrino errante, è fra gli scogli E fra l'onde agitato e quasi assorto; Queste mie carte in lieta fronte accogli, Che quasi in voto a te sacrate i' porto. Forse un di fia, che la presaga penna Osi scriver di te quel ch' or n' accenna.
5. È ben ragion, (s' egli avverrà che 'n pace Il buon popol di Cristo unqua si veda, E con navi e cavalli al fero Trace Cerchi ritor la grande ingiusta preda) Ch'a te lo scettro in terra, o, se ti piace, L'alto imperio de' mari a te conceda. Emulo di Goffredo, i nostri carmi Intanto ascolta, e t'apparecchia all' armi. 6. Già 1 sesto anno volgea, che 'n Oriente Passò il campo cristiano all' alta impresa; E Nicéa per assalto, e la potente Antiochia con arte avea già presa:
L' avea poscia in battaglia incontra gente Di Persia innumerabile difesa ;
E Tortosa espugnata: indi alla rea Stagion diè loco, e 'l novo anno attendea. 7. E' fine omai di quel piovoso verno Che fea arme cessar, funge non era; Quando dall' alto soglio il Padre eterno, Ch'è nella parte più del ciel sincera, E quanto è dalle stelle al basso inferno, Tanto è più in su della stellata spera; Gli occhi in giù volse, e in un sol punto e in una Vista mirò ciò che 'n se il mondo aduna.
8. Mirò tutte le cose, ed in Soría S'affissò poi ne' principi cristiani; E con quel guardo suo, ch' adentro spia Nel più secreto lor gli affetti umani, Vede Goffredo che scacciar desía Dalla santa città gli empi Pagani; E pien di fe, di zelo, ogni mortale Gloria, imperio, tesor mette in non cale. 9. Ma vede in Baldovin cupido ingegno Ch' all' umane grandezze intento aspira; Vede Tancredi aver la vita a sdegno, Tanto un suo vano amor l'ange e martira; E fondar Boemondo al novo regno Suo d'Antiochia alti principj mira, E leggi imporre, ed introdur costume, Ed arti, e culto di verace Nume;
10. E cotanto internarsi in tal pensiero, Ch' altra impresa non par che più rammenti. Scorge in Rinaldo ed animo guerriero, E spirti di riposo impazienti, Non cupidigia in lui d' oro o d'impero, Ma d' onor brame immoderate, ardenti;
Scorge che dalla bocca intento pende
Di Guelfo, e i chiari antichi esempi apprende.
11. Ma poich' ebbe di questi e d'altri cori Scorti gl' intimi sensi il Re del mondo, Chiama a se dagli angelici splendori Gabriel, che ne' primi era il secondo. E tra Dio questi, e l'anime migliori Interprete fedel, nunzio giocondo: Giù i decreti del ciel porta, ed al cielo Riporta de' mortali i preghi e 'l zelo.
12. Disse al suo nunzio Dio: Goffredo trova, E in mio nome di' lui: Perchè si cessa? Perchè la guerra omai non si rinnova A liberar Gerusalemme oppressa? Chiami i duci a consiglio; e i tardi mova All' alta impresa: ei capitan sia d' essa.
Io qui l' eleggo, e 'l faran gli altri in terra, Già suoi compagni, or suoi ministri in guerra.
13. Così parlógli; e Gabriel s' accinse Veloce ad esequir l'imposte cose. La sua forma invisibil d' aria cinse, Ed al senso mortal la sottopose: Umane membra, aspetto uman si finse; Ma di celeste maestà il compose: Tra giovane e fanciullo età confine Prese; ed ornò di raggi il biondo crine.
14. Ali bianche vestì, ch' án d' or le cime, Infaticabilmente agili e preste :
Fende i venti e le nubi, e va sublime Sovra la terra e sovra il mar con queste. Così vestito, indirizzossi all' ime Parti del mondo il messaggier celeste. Pria sul Libano monte ei si ritenne,
E si librò sull' adeguate penne;
15. E ver le piagge di Tortosa poi Drizzò, precipitando, il volo in giuso. Sorgeva il novo sol da' lidi eoi,
Parte già fuor, ma 'l più nell' onde chiuso; E porgea mattutini i preghi suoi
Goffredo a Dio, come egli avea per uso: Quando a paro col sol, ma più fucente L'angelo gli apparì dall' Oriente;
16. E gli disse: Goffredo, ecco opportuna Già la stagion ch' al guerreggiar s' aspetta : Perchè dunque trapor dimora alcuna A liberar Gerusalem soggetta?
Tu i principi a consiglio omai raguna; Tu al fin dell' opra i neghittosi affretta: Dio per lor duce già t' elegge; ed essi Sopporran volontarj a te se stessi.
17. Dio messaggier mi manda: io ti rivelo
La sua mente in suo nome. Oh quanta spene Aver d'alta vittoria, oh quanto zelo Dell' oste a te commessa or ti conviene! Tacque; e sparito, rivolò del cielo Alle parti più eccelse e più serene. Resta Goffredo ai detti, allo splendore, D' occhi abbagliato, attonito di core. 18. Ma poichè si riscote, e che discorre
Chi venne, chi mandò, che gli fu detto, Se già bramava, or tutto arde d' imporre Fine alla guerra ond' egli è duce eletto: Non che vedersi agli altri in ciel preporre, D'aura d'ambizíon gli gonfi il petto; Ma il suo voler più nel voler s'infiamma Del suo Signor, come favilla in fiamma.
19. Dunque gli eroi compagni, i quai non lunge Erano sparsi, a ragunarsi invita.
Lettere a lettre, e messi a messi aggiunge: Sempre al consiglio è la preghiera unita. Ciò ch' alma generosa alletta e punge, Ciò che può risvegliar virtù sopita, Tutto par che ritrovi; e in efficace Modo l'adorna sì, che sforza e piace.
20. Vennero i duci, e gli altri anco seguiro; E Boemondo sol qui non convenne. Parte fuor s' attendò, parte nel giro E tra gli alberghi suoi Tortosa tenne. I grandi dell' esercito s'uniro (Glorioso senato) in dì solenne.
Qui il pio Goffredo incominciò tra loro Augusto in volto, ed in sermon sonoro:
21. Guerrier di Dio, ch' a ristorare i danni Della sua fede il Re del cielo elesse, E securi fra l'arme e fra gl' inganni Della terra e del mar vi scorse e resse; Sì ch' abbiam tante e tante in sì pochi anni Ribellanti provincie a lui sommesse,
E fra le genti debellate e dome Stese l'insegne sue vittrici, e 'l nome.
22. Già non lasciammo i dolci pegni e 'l nido Nativo noi, (se 'l creder mio non erra) Nè la vita esponemmo al mare infido, Ed a perigli di lontana guerra,
Per acquistar di breve suono un grido Vulgare, e posseder barbara terra;
Che proposto ci avremmo angusto e scarso
Premio, e in danno dell' alme il sangue sparso.
23. Ma fu de' pensier nostri ultimo segno Espugnar di Sion le nobil mura;
E sottrarre i Cristiani al giogo indegno Di servitù cosi spiacente e dura, Fondando in Palestina un novo regno Ov' abbia la pietà sede secura,
Ne sia chi neghi al peregrin devoto
D' adorar la gran tomba, e sciorre il voto.
24. Dunque il fatto sinora al rischio è molto, Più che molto al travaglio, all' onor poco, Nulla al disegno, ove o si fermi, o volto Sia l'impeto dell' arme in altro loco. Che gioverà l' aver d' Europa accolto Si grande sforzo, e posto in Asia il foco, Quando sian poi di si gran moti il fine, Non fabbriche di regni, ma ruine?
25. Non edifica quei che vuol gl' imperi Su fondamenti fabbricar mondani, Ove à pochi di patria e fe stranieri, Fra gl' infiniti popoli pagani; Ove ne' Greci non convien che speri, E i favor d' Occidente à sì lontani : Ma ben move ruine, ond' egli oppresso, Sol costrutto un sepolcro abbia a se stesso.
26. Turchi, Persi, Antíochia, (illustre suono, E di nome magnifico e di cose) Opre nostre non già, ma del ciel dono Furo, e vittorie in ver meravigliose. Or se da noi rivolte e torte sono Contra quel fin che 'l donator dispose, Temo cen privi, e favola alle genti Quel sì chiaro rimbombo al fin diventi.
27. Ah non sia alcun, per Dio, che sì graditi Doni in uso sì reo perda e diffonda! A quei che sono alti principi orditi, Di tutta l'opra il filo e 'l fin risponda. Ora che i passi liberi e spediti, Ora che la stagione abbiam seconda, Che non corriamo alla città ch'è meta D'ogni nostra vittoria? e che più 'l vieta?
28. Principi, io vi protesto: (i miei protesti Udrà il mondo presente, udrà il futuro: L'odono or su nel cielo anco i Celesti) Il tempo dell' impresa è già maturo. Men diviene opportun, più che si resti; Incertissimo fia quel che è securo. Presago son, s'è lento il nostro corso, Ch' avrà d'Egitto il Palestin soccorso.
29. Disse: e ai detti seguì breve bisbiglio; Ma sorse poscia il solitario Piero, Che privato fra principi a consiglio Sedea, del gran passaggio autor primiero : Ciò ch' esorta Goffredo, ed io consiglio; Nè loco a dubbio v' à, sì certo è il vero, E per se noto: ei dimostrollo a lungo, Voi l' approvate, io questo sol v' aggiungo. 30. Se ben raccolgo le discordie e l' onte Quasi a prova da voi fatte e patite, I ritrosi pareri, e le non pronte
E in mezzo all' eseguire opre impedite, Reco ad un' alta originaria fonte
La cagion d'ogni indugio e d' ogni lite: A quella autorità, che in molti e vari D' opinion, quasi librata, è pari.
31. Ove un sol non impera, onde i giudíci Pendano poi de' premj e delle pene, Onde sian compartite opre ed uffici, Ivi errante il governo esser conviene. Deh, fate un corpo sol di membri amici! Fate un capo, che gli altri indrizzi e frene; Date ad un sol lo scettro e la possanza, E sostenga di re vece, e sembianza.
32. Qui tacque il veglio. Or quai pensier, quaí petti Son chiusi a te, sant' Aura, e divo Ardore? Inspiri tu dell' eremita i detti,
E tu gl' imprimi ai cavalier nel core: Sgombri gl' inserti, anzi gl' innati affetti Di sovrastar, di libertà, d' onore;
Si chè Guglielmo e Guelfo, più sublimi, Chiamar Goffredo per lor duce i primi,
33. L' approvar gli altri. Esser sue parti denno Deliberare e comandar altrui.
Imponga ai vinti legge egli a suo senno: Porti la guerra, e quando vuole, e a cui. Gli altri, già pari, ubbidíenti al cenno Siano or ministri degl' imperj sui. Concluso ciò, fama ne vola, e grande Per le lingue degli uomini si spande.
Ei si mostra ai soldati; e ben lor pare Degno dell' alto grado, ove l'àn posto, E riceve i saluti e 'l militare
Applauso in volto placido e composto. Poich' alle dimostranze umili e care D'amor, d' ubbidíenza ebbe risposto, Impon, che 'l dì seguente in un gran campo Tutto si mostri a lui schierato il campo.
35. Facea nell' Oriente il sol ritorno
Sereno e luminoso oltre l'usato; Quando co' raggi uscì del novo giorno Sotto l'insegne ogni guerriero armato; E si mostrò quanto potè più adorno Al pio Buglion, girando in largo prato. S' era egli fermo, e si vedea davanti Passar distinti i cavalieri e i fanti.
36. Mente, degli anni e dell' oblío nemica, Delle cose custode e dispensiera, Vagliami tua ragion sì, ch' io ridica Di quel campo ogni duce ed ogni schiera. Suoni e risplenda la lor fama antica, Fatta dagli anni omai tacita e nera: Tolto da tuoi tesori orni mia lingua Ciò, ch' ascolti ogni età, nulla l'estingua!
37. Prima i Franchi mostrarsi: il duce loro Ugone esser solea, del re fratello. Nell' isola di Francia eletti foro, Fra quattro fiumi, ampio paese e bello. Poscia ch' Ugon morì, de' gigli d' oro Segui l'usata insegna il fier drappello Sotto Clotareo, capitano egregio,
A cui, se nulla manca, è il nome regio.
38. Mille son di gravissima armatura: Sono altrettanti i cavalier seguenti, Di disciplina ai primi e di natura, E d'arme, e di sembianza indifferenti, Normandi tutti; e gli à Roberto in cura, Che principe nativo è delle genti. Poi duo pastor di popoli spiegaro Le squadre lor, Guglielmo ed Ademaro. 39. L'uno e l'altro di lor, che ne' divini Uffici già trattò pio ministero,
Sotto elmo premendo i lunghi crini, Esercita dell' arme or l' uso fero. Dalla città d' Orange e dai confini Quattrocento guerrier scelse il primiero: Ma guida quei di Poggio in guerra l'altro, Numero egual, nè men nell' arme scaltro. 40. Baldovin poscia in mostra addur si vede Co' Bolognesi suoi quei del germano: Che le sue genti il pio fratel gli cede, Or ch' ei de' capitani è capitano. Il conte de' Carnuti indi succede, Potente di consiglio, e pro di mano. Van con lui quattrocento; e triplicati Conduce Baldovino in sella armati.
41. Occupa Guelfo il campo a lor vicino, Uom, che all' alta fortuna agguaglia il merto. Conta costui per genitor latino
Degli avi Estensi un lungo ordine e certo: Ma German di cognome e di domino, Nella gran casa de' Guelfoni è inserto: Regge Carinthia, e presso l' Istro e 'l Reno Ciò, che i prischi Súevi e i Reti avièno. 42. A questo, che retaggio era materno, Acquisti ei giunse gloríosi e grandi. Quindi gente traea, che prende a scherno D' andar contra la morte, ov' ei comandi; Usa a temprar ne' caldi alberghi il verno, E celebrar con lieti inviti i prandi. Fur cinquemila alla partenza; appena (De' Persi avanzo) il terzo or qui ne mena.
43. Seguía la gente poi candida e bionda,
Che tra i Franchi, e i Germani, e 'l mar si giace, Ove la Mosa ed ove il Reno inonda, Terra di biade e d'animai ferace.
E gl' insulani lor, che d'alta sponda Riparo fansi all' Océan vorace;
L'Océan, che non pur le merci e i legni, Ma intere inghiotte le cittadi e i regni.
44. Gli uni e gli altri son mille, e tutti vanno Sotto un altro Roberto insieme a stuolo. Maggior alquanto è lo squadron britanno: Guglielmo il regge, al re minor figliuolo. Sono gl' inglesi sagittari, ed anno Gente con for, ch'è più vicina al polo. Questi dell' alte selve irsuti manda
La divisa dal mondo ultima Irlanda.
45. Vien poi Tancredi; e non e alcun fra tanti (Tranne Rinaldo) o feritor maggiore, O più bel di maniere di sembianti, O più eccelso, ed intrepido di core. S'alcun ombra di colpa i snoi gran vanti Rende men chiari, è sol follía d' amore; Nato fra l'arme, amor di breve vista, Che si nutre d'affanni, e forza acquista. 46. È fama, che quel dì, che glorioso Fe' la rotta de' Persi il popol franco; Poichè Tancredi alfin vittorioso I fuggitivi di seguir fu stanco, Cercò di refrigerio e di riposo All' arse labbia, al travagliato fianco, E trasse, ove invitolo al rezzo estivo, Cinto di verdi seggi un fonte vivo.
« PreviousContinue » |