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d' illiberali principii; perciò soprannominati dal popolo i cento venti curati della Santa-Alleanza.

Le città furono in ogni tempo emule delle campagne. Interessi e passioni diverse le mantennero più o meno rivali in tutti i secoli trascorsi. L' amor della libertà ha sempre riscaldato il petto degli abitanti delle città; unospirito servile, invece, ha sempre umiliate le fronti dei coltivatori delle campagne. Per non risalire sino alla remota antichità, basti il ricordare che le città anseatiche in numero di cento sessanta godevano dentro i loro recinti dell' inestimabile tesoro della libertà, mentre tutt' all'intorno il feroce feudalismo tiranneggiava le campagne. Le città in Italia furono le prime a spezzare il gioco de' feudatarii e poscia quello degli imperatori di Germania. Milano, Brescia, Bologna, Firenze e tutte le altre repubbliche, che chiamerei Urbane, continuarono a guerreggiare contro i signori de castelli e i contadini loro seguaci, finchè gli ebbero vinti, distrutti o sottomessi per forza all' impero della libertà. Se non la stessa animosità, nè le stesse guerre, esistette però sempre una gara e una tacita rivalità anche in Inghilterra tra le città e le campagne fin dai tempi dei Normanni e dei Sassoni. Quando i vescovi, i conti e i baroni costrinsero colle minacce e colla forza il loro re Giovanni nel 1207 ad accordar loro la Magna Carta, le città erano popolate d' uomini liberi, mentre nelle campagne v'era ancora un gran numero di vassalli e di servi addetti alla gleba. Queste città, a dir vero, non erano così popolate, nè così industriose, nè così ricche come lo erano le città italiane; ma erano

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animate dagli stessi principii e da uno spirito d' imitazione. Se però la gara colle campagne non fu così violenta come quella delle città italiane continuò più lungo tempo, e si può dire che continui ancora. Non vi fu mai guerra tra loro, non vi fu quindi una vittoria decisa per alcuna delle parti; l'equilibrio delle forze contenne l'animosità nei limiti d' una semplice emulazione. Le città nella guerra_civile tra il parlamento e Carlo I, specialmente Londra e Edimburgo, furono il sostegno principale della libertà. Da quel tempo in poi le città crebbero fuor di misura in popolazione e in opulenza. Dall' ultima rivoluzione, cioè dal 1688, le città in Inghilterra ebbero lo stesso rapido incremento ch' ebbero le repubbliche italiane tra il duodecimo e il quattordicesimo secolo. Le stesse cause ebbero gli stessi effetti. Il commercio generò ricchezza; la ricchezza diffuse l'istruzione; l'istruzione propagò l'amor della libertà. In ogni città di manifatture, come Glascow, Liverpool, Birmingham, Manchester, Sheffield, Nottingham, ec., vi sono gabinetti di lettura, atenei, scuole di mutuo insegnamento, scuole gratuite nella domenica, biblioteche per gli artigiani, orti botanici, cattedre di chimica, di meccanica, ec. ec. La popolazione manifattrice non vincolata al suolo, non ligia a nessun titolato proprietario, libera istrutta, indipendente, vagante, trasportante la sua industria dove la mercede è più alta, più intelligente, più svegliata pel continuo consorzio, questa popolazione è il grande elemento democratico dell' Inghilterra. I membri dell' opposizione nel parlamento sono i protettori di questa immen

sa popolazione; i giornali sono i suoi tribuni ; gli scrittori i suoi panegiristi. Gli scrittori di economia pubblica che sono favorevoli alla grande proprietà in Inghilterra, lo sono solo in quanto le grandi proprietà danno un maggior prodotto netto che va ad accrescere il capitale impiegato in manifatture, e quindi la popolazione più còlta e più libera di mente. Da un secolo in qua la grande coltura delle terre ha ottenuto un tale risparmio di mano d'opera, che laddove un secolo fa quaranta persone sopra ogni cento erano impiegate nell' agricoltura, ora non ve ne sono che trenta tre. Nelle contee risiedono i nobili, i ricchi gentiluomini, i gran proprietarii. Essi, o per essi i fittabili, pagano gravi tasse; in tempo dell'ultima guerra hanno messo a coltura ed a frumento delle terre sterili con immenso dispendio; hanno necessità di vender cari i prodotti delle loro tenute, ed essi vorrebbero quindi mantenere il divieto d'importazione dei grani esteri, perchè questo monopolio li compensa della tassa territoriale (che si paga da chi non è stata redenta) delle decime e delle tasse pei poveri. Essi gioiscono delle cariche e pensioni del governo; quindi hanno un interesse personale nella continuazione degli abusi e delle spese superflue dello stato; essi hanno alimentato l'ultima guerra di trent'anni contro la Francia, solo per compiacere alle loro opinioni politiche; essi pertanto si oppongono al torrente delle opinioni liberali delle città; essi anelano a contenere, se non a diminuire, l' ascendente della popolazione manifattrice.

L'interesse de' manifattori è intieramente opposto. Questi vorrebbero vivere a buon mercato per

vendere a buon mercato e affrontare con vantaggio sui mercati del mondo la concorrenza delle altre nazioni. E' loro interesse di ridurre le spese dello stato per iscemare le tasse che incariscono i generi. Questi amano la pace propizia al commercio; finalmente importa a loro di ottenere una riforma parlamentaria, onde avere una competente rappresentanza in parlamento, essendovi città popolose che non hanno rappresentanza alcuna nella camera de' comuni, come a dire Birmingham e Manchester. Ecco adunque la divergenza d'interessi e d' opinioni che tra le contee e le città esiste in Inghilterra. Ecco come la rivalità tra città e provincie che nel resto di Europa fu spenta dalle repubbliche o dai principi, continua in Inghilterra, e si può predire che andrà ancora vieppiù accendendosi. L'Inghilterra separata in contee ed in città che hanno statuti, leggi, privilegi, usi proprii e diversi, spese, entrate, amministrazione, amministratori proprii e indipendenti, offre lo spettacolo di una grande monarchia composta di molte piccole repubbliche. I timidi sudditi delle silenziose monarchie sono in errore se credono che tali gare e competenze sieno pericolose e nocive. Quella stessa concorrenza che fa le migliori calze, le migliori pelli, il miglior acciajo, fa altresì nei governi liberi i migliori generali, gli oratori più eloquenti, i giudici più sensati. Il monopolio del potere, il terrore di un solo, la quiete sepolcrale, il letargo austriaco producono il contrario. Può essere che un giorno questi semi di discordia diventino funesti e distruggano in Inghilterra l'edificio politico. Ma anche Roma e Venezia, saggie, provide e valorose peri

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rono. Il fine dei governi non é l'immortalità. Sarebbe un delirio. Il problema dei governi è me vivere una vita lunga, felice e potente.

La città di Nottingham adunque, rivale della contea in opinioni e in interessi, impiegava ogni mezzo per conservare la sua indipendenza. Il governo per natura sua e per la sua violenta situazione non prende alcuna parte diretta in simili contese. Nei grandi interessi nazionali, nelle grandi quistioni d'agricoltura e di commercio egli é costretto mal suo grado ad essere imparziale. Come potrebb' egli sussistere senza l'immensa entrata di cinquanta milioni di lire sterline l'anno? E come la nazione può pagare questa somma se non conservandosi immensamente ricca ? Quindi il governo, quantunque nemico implacabile della democrazia, fu costretto a riconoscere l'indipendenza delle repubbliche americane per aprire uno sfogo all' industria de' suoi contribuenti; e, sebbene costante amico dei nobili e della grande proprietà, fu costretto temporariamente a modificare le leggi sul grano che favorivano troppo l'agricoltura a scapito dei manifattori. Il ministero stesso è composto di varii elementi e di opinioni eterogenee, tutte però tendenti allo stesso centro. Il gran cancelliere è nemico, ad occhi chiusi, d'ogni innovazione, d' ogni miglioramento. È il Dio Termine dell' Inghilterra. Il conte di Liverpool, il ministro Peel, due grandi egide dell'aristocrazia, cedono sempre alla necessità, e qualche volta alla sola ragione. Il ministro Canning, il ministro Robinson proteggono gl' interessi del commercio. Il ministero inglese è il risultato di volontà

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